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Crema SolfoSalicilica

Crema SolfoSalicilica è considerata il caposaldo delle preparazioni galeniche del recente passato. Veniva utilizzata, con successo, per trattare disparate patologie cutanee poi, con l’avvento dei farmaci, è caduta in disuso.

L’utilizzo dell’associazione tra Zolfo e Acido salicilico per trattare molti disturbi della cute ha origini antiche in differenti contesti storici. Oggi, in tempo di rivalutazione dei prodotti naturali, lo zolfo e l’acido salicilico sono tornati protagonisti dei trattamenti dermatologici. Per comprendere in pieno come Zolfo e Acido salicilico possono stare alla pari con i moderni farmaci occorre ripercorrere la loro storia nell’impiego in medicina.
Zolfo

Generalità e storia

Plinio nella sua Historia Naturalis ricorda l’importanza dell’uso dello zolfo nei suffumigi per purificare le abitazioni. “Gli usi medicinali dello zolfo sono numerosi e di sommo interesse. Si adopera in molte malattie cutanee applicato in linimento sulla pelle…” (Catullo, Elementi di mineralogia, 1833).
Il corpo umano contiene circa 300 g di Zolfo sotto forma di acidi solforati, cioè più che potassio e sodio presi insieme; la riserva solforata sembra sia relativamente stabile e il rinnovamento minimo (850 mg/giorno).

Lo zolfo è un elemento importante di alcune proteine ed è presente in tutte le cellule. Entra anche nella composizione di diversi ormoni (insulina, glucagone, ormoni ipofisari), di vitamine (tiamina, biotina ecc.), dell’eparina, del coenzima A e della cheratina alla quale conferisce plasticità. Le proteine più ricche di amminoacidi solforati sono quelle dello strato corneo della cute, delle cartilagini, dei tendini. Lo zolfo minerale non viene utilizzato dall’organismo, che lo elimina come tale.Lo zolfo esplica un ruolo di primaria importanza nell’organismo, esercitando azioni fisiologiche multiple. La principale delle quali è la disintossicazione o eliminazione dei prodotti tossici ai quali si lega per neutralizzarli.

Le principali fonti di S sono due amminoacidi solforati, la cistina e la metionina contenuti in quasi tutti gli alimenti proteici. I più ricchi sono le leguminose (fagioli secchi, piselli, lenticchie, fave); il cavolo, il ramolaccio nero, la cipolla, l’aglio, lo scalogno, la senape, l’asparago, il porro, la cipollina; il pesce, la carne e soprattutto il tuorlo d’uovo (165 mg/100 g). Non è ancora determinato il fabbisogno di zolfo del nostro organismo.
Lo zolfo posside le stesse proprietà delle acque termali sulfuree che favoriscono, il metabolismo generale del rame agendo da catalizzatore. Lo si considera dunque un eccellente complemento delle cure termali.

Interazione tra Zolfo e Cute

Sono descritte 4 azioni fondamentali dello Zolfo sulla cute:
• Antiseborroica
• Antimicrobica
• Antimicotica
• Esfoliante e cheratolitica

1 – Attività Antiseborroica

L’effetto anti seborroico appare dovuto ad un’azione diretta sulla ghiandola sebacea. Vari studi hanno documentato, mediante l’utilizzo di metodiche di microanalisi a raggi X, la spiccata capacità dello zolfo di penetrare attraverso la cute. Tale capacita risulta inversamente proporzionale al diametro delle particelle elementari. Si ritiene che tale capacità di penetrazione sia dovuta alla trasformazione dello zolfo molecolare in ione sulfidrile (SH-) . Tale capacità di penetrazione risulterà ancora più accentuata per lo zolfo contenuto disciolto nell’acqua termale in quanto esso si trova già in gran parte sotto forma di ìone sulfidrile.
Una conferma dell’azione diretta dello zolfo sulla ghiandola sebacea viene da uno studio condotto utilizzando un isotopo radioattivo (S35). Secondo tale studio nella cute normale lo zolfo penetra in maniera uniforme, raggiunge il derma dopo 16 ore e dopo 24 ore non è più rintracciabile a causa dell’assorbimento sistemico. Nella cute di soggetti acneici, viceversa, lo zolfo, dopo essere penetrato, si concentra nelle ghiandole sebacee, anche mediante una diffusione laterale dal derma adiacente, dove rimane per lungo tempo, risultando dosabile dopo oltre 3 settimane. Il meccanismo d’azione risulta a tutt’oggi sconosciuto.

Lo zolfo è coinvolto nel normale processo di cheratinizzazione, che si esplica fondamentalmente nella condensazione dei gruppi sulfidrilici (SH-) di due frazioni di cisteina in un legame disolfuro (S-S) con formazione di una singola molecola di cistina. E stato dimostrato che a partire dallo strato basale verso il corneo diminuiscono gradualmente i gruppi SH mentre aumentano i ponti S-S.

Un recente lavoro ha confermato la fondamentale importanza rivestita dalla formazione dei ponti disolfuro, non solo nel normale processo di cheratinizzazione, ma altresì nel normale processo di differenziazione delle cellule sebacee. In tale studio è stato dimostrato che i sebociti periferici contengono esclusivamente gruppi sulfidrilici (e sono del tutto assenti i ponti S-S), mentre le cellule sebacee ben differenziate sono ricchissime in legami disolfuro. Tali evidenze confermano la necessità della conversione dei gruppi SH- nei ponti S-S nel normale processo di differenziazione dei sebociti. In tale processo lo zolfo interverrebbe secondo la reazione precedentemente descritta: 2 cisteine + S2 = cistina + H2S

Viene supposto che l’apporto esogeno di idrogeno solforato (H2S) sposti la reazione verso sinistra con rottura delle molecole di cheratina. A livello della ghiandola sebacea la rottura dei ponti disolfuro si tradurrebbe in un rallentamento del processo differenziativo dei sebociti e quindi della secrezione olocrina.

2 – Attività Antimicrobica

Lo Zolfo possiede poi una spiccata attività anti-microbica. Tale proprietà viene ricondotta al forte potere riducente dell’acido sulfidrico il quale tende a trasformarsi nel più stabile solfato secondo la reazione:
H2S + 202 = H2S04
Molto probabilmente, una reazione che si verifica con maggiore facilità e frequenza è rappresentata da:
2H2S + 02 = 2SO + H20 con formazione di zolfo allo stato atomico.
Tali reazioni sottraggono l’ossigeno indispensabile alla flora microbica del follicolo pilo-sebaceo con effetto batteriostatico. Inoltre esiste anche un’ azione antibatterica indiretta attraverso l’inibizione della attività lipasica con scissione dei trigliceridi in acidi grassi liberi, specie insaturi, posseduta da alcuni microrganismi. Tale azione è in grado di influenzare qualitativamente la composizione del sebo con diminuzione degli acidi grassi liberi fortemente igroscopici ed in grado di ritardare l’evaporazione.

3 – Attività Antimicotica

L’attività antifungina è attribuita alla formazione di acido pentationico (H2S506) per azione combinata dello zolfo presente nei cheratinociti e di alcuni batteri residenti cutanei. L’acido pentationico ha una potente azione fungicida nei confronti sia dei dermatofiti sia dei lieviti, compreso il genere Pityrosporum.

4 – Azione esfoliante / cheratolitica

La quarta azione è collegata alla proprietà esfoliante e cheratolitica posseduta dallo zolfo. Tale attività si esplica a concentrazioni elevate di zolfo (2-10%) e viene ricondotta ad un effetto di rottura, mediante il meccanismo descritto sopra, delle molecole di cheratina. In alcuni lavori sperimentali sono stati dimostrati evidenti modificazioni istologiche della cute dopo applicazione topica di zolfo, con fenomeni di acantosi seguiti da paracheratosi e dissoluzione del corneo. Tale azione è in diretta relazione con la concentrazione di zolfo applicato.

Acido salicilico. Generalità e storia

Le virtù terapeutiche della corteccia del Salice sono note fin dall’antichità. Già negli scritti d’Ippocrate (“Corpus Hippocraticum”, V secolo a.C.), e di Dioscoride e Plinio (nel I secolo d.C.), in modo concorde gli vengono attribuite proprietà febbrifughe ed analgesiche.

Nel medioevo, in occidente, l’utilizzo farmacologico della corteccia del Salice si va progressivamente perdendo. Nello stesso periodo in altri continenti il valore terapeutico del Salice è ben conosciuto.
La Scuola Medica Salernitana (dal periodo Normanno, fino alla prima meta del XIII secolo) attribuisce al Salice proprietà antiafrodisiache, specificando che frenava la libidine al punto da impedire il concepimento.

Il Mattioli (medico Senese, vissuto a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo) conferma alcune indicazioni terapeutiche della Scuola Salernitana ed aggiunge: “le fronde [del Salice] trite, e bevute con un poco di vino, e di pepe, tolgono i dolori dei fianchi”.
Nel 1763 l’attività antifebbrile è “spiegata” nel corso di un meeting della Royal Society inglese dal pastore protestante Edmund Stone come conseguenza dell’habitat del Salice: questa pianta, infatti, cresce in ambienti umidi, dove sono più frequenti le febbri malariche.

Nel 1784 le ipotetiche “virtù” antiafrodisiache sono confermate da Fusanacci che avverte che “il sugo cavato dai rami teneretti …. allontana egregiamente la libidine”.

La svolta storica negli studi sul Salice l’imprime, a sua insaputa, il 20 giugno del 1803 Napoleone Bonaparte, imponendo il blocco all’importazione di qualsiasi merce proveniente dalle colonie inglesi e dall’Inghilterra sul continente. Con tale decisione venne bloccata l’importazione dall’America anche della corteccia di China (originaria dell’America meridionale, un tempo utilizzata, dato l’elevato contenuto in alcaloidi, principalmente come antipiretico) e spinse pertanto la ricerca ad un valido sostituto farmacologico autoctono europeo. Il sostituto più ovvio allora impiegato fu il Salice, per le sue proprietà antifebbrili.

Nel 1828 Buchner (professore della facoltà di Farmacia nell’Università di Monaco) dichiara di aver isolato la Salicina dalla corteccia del Salice. Nel 1829 Leroux (un farmacista francese) riesce, mediante ulteriori precipitazioni, ad ottenere la salicina in forma cristallina pura e ne prova l’effetto antifebbrile.
Nel 1838 Raffaele Piria, illustre chimico nato a Scilla, in Calabria, trasformò per idrolisi la Salicina in acido Salicilico e iviene assimilato all’acido Spirico, estratto in quegli anni sotto forma di olio essenziale, a partire dalla Spirea olmaria, da un altro farmacista di Bema, il Dott. Pangerstecher. Viene poi dimostrato che per idrolisi questo glucoside dal sapore amaro denominato Salicina sviluppa glucosio e Saligenina (alcool Salicilico), il quale è trasformato in acido salicilico in vivo ed in vitro.

Nel 1875 per la prima volta è utilizzato il sale dell’acido salicilico, il Salicilato di Sodio, per trattare le febbri reumatiche. Bussy ottiene un successo inconfutabile nel dimostrare l’efficacia antipiretica del prodotto, ma deve ammettere che nel corso della terapia si sono verificati casi di irritazione del tubo digerente.

Rapidamente sono riconosciuti gli effetti antireumatici (sperimentati su larga scala nel Charitè Hospital di Berlino), uricosurici ed antigottosi.

La richiesta di acido salicilico in questo periodo è talmente elevata da superare le capacità estrattive del principio attivo dal Salice, dall’Olmaria e dalla Gaulteria procumbens, dell’industria farmaceutica del tempo.

Nel 1874 Von Heyden riesce a mettere a punto un metodo di sintesi industriale dell’acido salicilico,abbattendo costi e risolvendo i problemi di reperibilita del prodotto. Il 10 ottobre 1897, un altro giovane farmacista e chimico, Felix Hoffmann, per alleviare le sofferenze reumatiche del padre e per proteggerlo dai ben noti effetti gastrolesivi dell’acido salicilico, sintetizzerà l’acido acetilsalicilico. Hoffmann è un giovane chimico trentenne, assunto in una fabbrica di coloranti a base di anilina. Ciò che spinge il giovane Felix a lavorare sul composto su basi farmacologiche è la sofferenza paterna. In quel periodo la cura utilizzata era il Salicilato di sodio, con i conseguenti effetti collaterali e la sensazione di nausea legata ai forti dosaggi. Per tale ragione, nonostante la fabbrica dove Hoffmann lavora non si occupi di farmaci, ipotizzò una via sintetica per produrre acido acetilsalicilico in forma pura e stabile.

L’idea di acetilare un composto organico naturale per migliorarne la biodisponibilità o la tollerabilità o le virtù farmacologiche non è un’idea originale del dottor Hoffmann. In quegli stessi anni era d’uso comune tentare una simile strada, attraverso la metilazione, l’etilazione o l’acetilazione ed un caso altrettanto famoso è il derivato diacetilato della morfina. La sintesi completa fu realizzata il 10 agosto 1897 e già due anni dopo sono eseguiti dal Prof. Heinrich Dreser (dell’Accademia Medica di Dusseldorfl) studi sull’efficacia terapeutica e sugli effetti collaterali su animali da esperimento, all’interno del Laboratorio di Farmacologia della Bayer. Si può considerare questo il primo lavoro sperimentale compiùto all’interno di un’industria farmaceutica.

Il 6 marzo 1899 l’Aspirina era già un farmaco brevettato.

Acido Salicilico estratto

Il termine “Salice” sembra derivare dal celtico Sullis (vicino all’acqua), perché cresce vicino ai corsi d’acqua e su terreni e boschi umidi, o forse dal latino salio (salire, saltare), perché la velocità di crescita e così elevata da sembrare che “salti” fuori dal terreno.
E un albero dalle foglie lanceolate, può raggiungere in alcuni casi i venti metri d’altezza. I fiori dioici sono raccolti in amenti sottili che sono situati ai lati dei rami più vecchi; il frutto è una capsula bivalve conica, con numerosi semi pelosetti. E originario dell’Europa e dell’Asia, alcune specie dell’America del Nord. La corteccia viene raccolta all’inizio della primavera e dovrebbe contenere, secondo le monografie DAB (Deutsches Arzneibuch, Farmacopea Ufficiale Tedesca, e generalmente seguita da un numero che ne indica l’edizione), non meno dell’1% di salicina totale. I glucosidi fenolici (salicoside o salicina, populina, salicortina, tremulacina, fragilina…), variano dal’1,5% fino a superare l’11%. Per avere valore terapeutico, il contenuto in salicina non dovrebbe scendere al di sotto dell’1%. Alte percentuali di questo glucoside sono contenute nel Salix purpurea (6-8,5%) e nel Salix daphnoides (5-6%), mentre raramente si riscontrano percentuali simili nel Salix alba.

La droga è, come detto, costituita dalla corteccia, che si presenta in frammenti irregolari coriacei ma flessibili, che si sfaldano facilmente. E’ priva di odore, ha sapore amarognolo. Non è possibile distinguere le varie specie di salice nell’esame botanico della corteccia e si renderebbe necessario un esame chimico del contenuto in glucosidi fenolici.

Crema Solfo-Salicilica

Per rendere lo zolfo attivo anche a bassa concentrazione si è scelta la forma colloidale di esso. Lo zolfo colloidale, costituito da particelle, tra 1-100 nm, sospese in una soluzione colloidale, è considerato la forma più attiva di preparazione (Mc Mutry, 1913).
Lo zolfo colloidale è stato utilizzato alla concentrazione di 0,5-2% per la terapia topica di acne, eczema e rosacea fin dal 1935 (Miller, 1935).

La crema Solfo-Salicilica come presidio dermatologico moderno
In passato lo zolfo e l’acido salicilico venivano inglobati in unguenti di lanolina o di vaselina e lanolina ma l’applicazione di questi preparati era sgradevole ed inoltre, per l’azione occlusiva dei grassi, anche i risultati non erano brillanti. Oggi zolfo e acido salicilico vengono utilizzati in moderne creme evanescenti prive di vaselina per poterle utilizzare anche nella zona dei capelli e nelle zone molto seborroiche.

La crema SolfoSalicilica moderna è gradevole e molto efficace tuttavia mantiene il caratteristico odore di zolfo, a tipo acqua sulfurea termale. In Dermatologia la crema Solfo-Salicilica è definita la crema poliedrica per i molteplici impieghi dovuti soprattutto alla capacità dello zolfo colloidale di agire quale antiseborroico / cheratolitico / antimicrobico e del potenziamento a vicenda tra zolfo e acido salicilico.

Le indicazioni sono:
Dermatiti
Micosi
Dermatite seborroica
Psoriasi del volto e del capillizio
Acne pustolosa
Acne rosacea
Dermatite periorale
Pityriasi capitis
Crosta lattea
Follicoliti da farmaco (cortisone/biologici)
Tinea corporis / capitis
Intertrigine micotica / piede d’atleta
Pityriasi versicolor

La crema Solfo-Salicilica ha permesso di modificare i protocolli di trattamento soprattutto della Dermatite Seborroica, delle Micosi e dell’Acne.

La Dermatite Seborroica ha cause non ben stabilite ma certamente non univoche e la crema Solfo-Salicilica, che svolge attività antiseborroica, riducente, desquamante e antifungina, è il miglior presidio oggi conosciuto.

In pratica viene fatta applicare una volta sola al giorno nelle aree di Dermatite comprese quelle pelose o del capillizio fino a scomparsa della manifestazione clinica. Il vantaggio, rispetto ad altri trattamenti, è la pronta risposta antidermatitica, la mancanza di effetti collaterali e l’assenza di rebound alla sospensione.
Nelle Micosi la crema Solfo-Salicilica possiede il vantaggio, rispetto ai farmaci, della lunga azione antifungina. Infatti lo zolfo e l’acido salicilico una volta penetrati nello strato corneo rimangono attivi per molti giorni. Per questo motivo la crema Solfo-Salicilica viene utilizzata con una applicazione al giorno o anche meno , rendendo più accettabile il trattamento inoltre può essere utilizzata anche come preventivo delle micosi per chi frequenta ambienti pubblici. Come preventivo è sufficiente una applicazione alla settimana nelle aree che si intendono proteggere.

Nell’ Acne la crema Solfo-Salicilica agisce da antiseborroica e sterilizzante dei follicoli infiammati pertanto si assiste ad una rapida scomparsa del foruncolo.

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